L'atomo di Bohr

Questa pagina, in realtà, non aggiunge nulla a quanto già spiegato piuttosto bene dall'Amaldi. Vuole piuttosto fungere da mappa concettuale rispetto a tutti quei concetti che ruotano (è proprio il caso di dirlo!) intorno alla teoria di Bohr, soprattutto per le sue importanti conclusioni e i collegamenti con la e la spettroscopia.

Per alcune notizie biografiche su Niels Bohr (danese, 1885-1962) puoi consultare Wikipedia.

Ernest Rutherford, professore dello stesso Bohr, nel 1911 aveva pubblicato un lavoro che rivoluzionava la visione dell'atomo. Rutherford bombardava i nuclei d'oro con delle particelle $\alpha$. Cosa erano le particelle $\alpha$? Oggi sappiamo che sono nuclei di $He_4$, ma Rutherford non lo sapeva, conoscendo solo la loro carica elettrica, doppia rispetto a quella del protone.

Per inciso le particelle $\alpha$ erano fornite “gratuitamente” dal decadimento dei nuclei radioattivi che le emettevano ad alta velocità. La radiottività naturale era stata scoperta pochi decenni prima e le radiazioni emesse spontaneamente dai nuclei venivano studiate dallo stesso Rutherford e da Marie Curie proprio in quegli anni.

Utilizzando rigorosamente la legge di Coulomb, Rutherford era giunto alla conclusione che la carica positiva dovesse essere concentrata in un nucleo molto compatto, attorno al quale dovevano orbitare gli elettroni alla stessa stregua di un Sistema Solare in miniatura.

Ma quali fatti sperimentali precisi avevano convinto Rutherford della presenza di un nucleo compatto? Mi aspetto che conosca la risposta a questa domanda; in caso contrario fai una piccola ricerca nel libro di fisica.

Questa è una ottima animazione Geogebra che mostra il comportamento dell'atomo di idrogeno, sia secondo la teoria di Bohr, che secondo la teoria quantistica, che risolve i problemi lasciati insoluti dalla teoria di Bohr.

Questa l'espressione dell'energia dell'elettrone nell'atomo di Idrogeno:

\begin{equation} \label{1} \tag{1} E_{TOT}(r) = - \frac{1}{8\pi\epsilon_0} \cdot \frac{e^2}{r} \end{equation}

Vediamo come si arriva a questa formula.

In prima approssimazione, possiamo considerare l'elettrone come una particella in moto circolare uniforme attorno al protone. Esso si trova nella “buca di potenziale” prodotta dal protone e orbita a una certa distanza poichè possiede una certa energia cinetica $K=\frac{1}{2}mv^2$, un po' come una pallina che ruota nella roulette. La sua energia totale si può calcolare quindi come la somma tra $U$ e $K$:

\begin{equation} \label{2} \tag{2} E_{TOT}(r) = - \frac{1}{4\pi\epsilon_0} \cdot \frac{e^2}{r} + \frac{1}{2}mv^2 \end{equation}

Ora, la forza elettrostatica $F_e=- \frac{1}{4\pi\epsilon_0} \cdot \frac{e^2}{r^2}$ funge anche da forza centripeta $F_c=m\frac{v^2}{r}$, dove $\frac{v_2}{r}$ è l'accelerazione centripeta. Eguagliamo quindi la forza centripeta al modulo della forza elettrostatica:

$$ m\frac{v^2}{r} = \frac{1}{4\pi\epsilon_0} \cdot \frac{e^2}{r^2} $$

Isoliamo da questa equazione il termine $mv^2$, che ci serve perchè compare nella formula dell'energia cinetica:

$$ mv^2 = \frac{1}{4\pi\epsilon_0} \cdot \frac{e^2}{r} $$

Allora l'energia cinetica dell'elettrone è:

$$ K = \frac{1}{8\pi\epsilon_0} \cdot \frac{e^2}{r} $$

Sostituendo nella $\eqref{2}$ si ritrova l'espressione dell'energia totale $\eqref{1}$.

Quando il valore dell'energia è negativo significa che siamo in presenza di uno stato legato. L'elettrone è all'interno di una buca di potenziale negativo e non ha energia cinetica sufficiente per azzerare il potenziale e uscire dalla buca e dall'azione attraente del campo elettrico del nucleo. Nella lezione sul potenziale elettrico abbiamo infatti visto che solo facendo lavoro si può estrarre l'elettrone dall'atomo.

La spettroscopia è quella branca della fisica che studia gli atomi e le molecole scomponendo la luce emessa dai corpi caldi con un prisma, ad esempio. Le righe spettrali ci informano di quali sono le frequenze emesse o assorbite da una data sostanza, e la misura di queste frequenze ci informa di qual è la sostanza che emette quella luce.

Al tempo di Rutherford e Bohr la spettroscopia aveva già evidenziato il fatto che gli atomi emettono solo luce di determinate frequenze, solo determinate energie, perchè l'osservazione della luce emessa da un gas rarefatto eccitato ad esempio da una differenza di potenziale di qualche KV (migliaia di Volts) appariva come uno spettro a righe.

Se l'atomo funzionasse esattamente come un Sistema solare, l'elettrone potrebbe orbitare a qualsiasi distanza dal nucleo; in questo caso l'energia $E$ e la distanza $r$ varierebbero in modo continuo e lo spettro della luce sarebbe simile a un arcobaleno.

Le righe spettrali invece testimoniano il fatto che l'energia e la distanza dal nucleo variano in modo discreto.

L'introduzione della costante di Planck

Nel 1900 aveva pubblicato un lavoro che dava inizio alla meccanica quantistica. Aveva scoperto che la luce veniva emessa in “granuli” e non in modo continuo. Questi granuli di luce sono come delle particelle che vennero chiamate fotoni. L'energia $E$ del fotone dipende dalla frequenza $f$ secondo questa relazione:

$$ E=hf $$

dove h è la costante di Planck, un numero molto piccolo che vale $6,63 \cdot 10^{-34}J \cdot s$. In buona sostanza Planck aveva scoperto che un fascio di luce con frequenza $f$ ha una energia $E = nhf$, dove $n$ è il numero di fotoni presenti nel fascio.

Bohr utilizza la quantizzazione di Planck, sostenendo che il momento angolare (prodotto della quantità di moto $mv$ per il raggio $r$ dell'elettrone) assume valori discreti secondo la formula:

$$ mvr = n \frac{h}{2\pi}$$

dove $h$ è la costante di Planck. $n$ è invece il famossissimo numero quantico principale.

Questa intuizione porta in breve alla formula che esprime la quantizzazione del raggio dell'orbita. Infatti mettendo a sistema l'equazione precedente con quella relativa alla velocità, che è ottenuta dall'espressione della forza centripeta ($m v^2/r$):

$$ \large { \begin{cases} mvr = n \frac{h}{2\pi} \\ v^2 = \frac{1}{4\pi \epsilon_0 m}\frac{e^2}{r} \end{cases} } $$

si ottengono l'espressione per il raggio e l'energia delle orbite:

$$ r_n = n^2 \frac{\epsilon_0 h^2}{\pi m e^2} $$ \begin{equation} \label{E} E_n = -\frac {1}{8\pi \epsilon_0} \frac{e^2}{r_n}=-\frac{1}{n^2}\frac{me^4}{8\epsilon_0 h^2} \end{equation}

Secondo Bohr l'atomo di idrogeno ha un raggio di 5 centesimi di miliardesimno di metro (0,05 nanometri nm):

$$ r_1 = 0,5 \times 10^{-10} m = 0,05 nm $$

e un'energia pari a:

$$ E_1 = -2,18 \times 10^{-18} J = -13,6 eV $$

Quindi, variando il raggio come $n^2$, gli atomi hanno dimensioni dell'ordine dei nanometri ed energie dell'ordine degli elettronVolt.

Bohr ritenne giustamente che l'atomo potesse assorbire solo i fotoni aventi energia pari alle differenze di energia delle orbite nel processo di eccitazione e emettere le stesse energie che è in grado di assorbire: $$ \Delta E = E_{iniziale} - E_{finale} = hf $$

Come si vede l'enegia è proporzionale alla frequenza del fotone (quanto di luce) emesso. Naturalmente, più grande è il salto maggiore sarà l'energia assorbita/emessa e maggiore sarà anche la frequenza.

Considerato che

\begin{equation} \label{lambda} \lambda f = c \implies \lambda = \frac{c}{f} \end{equation}

possiamo calcolare la lunghezza d'onda del fotone emesso da una transizione elettronica tra un livello $n$ e un livello $k$ (con $n>k$):

$$ hf = h\dfrac{c}{\lambda} = E_n - E_k = \dfrac{me^4}{8\epsilon_0 h^2} \left (\frac{1}{k^2} - \frac{1}{n^2} \right ) \\ \implies \dfrac{1}{\lambda} = \dfrac{me^4}{8c~\epsilon_0 h^3} \left (\frac{1}{k^2} - \frac{1}{n^2} \right ) $$

Se si definisce come costante di Rydberg $R$ la quantità costante

$$ R = \dfrac{me^4}{8c~\epsilon_0 h^3}$$

la formula precedente assume la forma già conosciuta empiricamente ben prima dai tempi di Bohr:

\begin{equation} \label{lambda3} \dfrac{1}{\lambda} = R \left (\frac{1}{k^2} - \frac{1}{n^2} \right ) \end{equation}

Ad esempio, se $k=2$ la formula riproduce le lunghezze d'onda della serie di Balmer, che cade nel visibile (la più famosa è la $H_\alpha$), e che corrisponde alle emissioni con stato finale $n=2$:

\begin{equation} \label{balmer} \dfrac{1}{\lambda} = R \left (\frac{1}{2^2} - \frac{1}{n^2} \right ) \end{equation}

Se invece $k=1$ abbiamo la serie di Lyman, che cade nell'ultravioletto

\begin{equation} \label{lyman} \dfrac{1}{\lambda} = R \left (1 - \frac{1}{n^2} \right ) \end{equation}

Il fatto che la teoria di Bohr fosse stata in grado di rendere conto delle formule sperimentali sulle righe spettrali è da considerarsi un notevole successo.

La misura delle frequenza di emissione/assorbimento di un atomo e quindi l'analisi degli spettro della luce con metodi spettroscopici (prisma) può consentire di conoscere la natura della sostanza che ha emesso quella luce. Chi fa spettroscopia, insomma, analizza le impronte digitali degli atomi guardandone le righe spettrali; naturalmente, così come le impronte digitali su una superficie possono appartenere a molte persone, lo stesso avviene per gli spettri, dove in genere bisogna saper riconoscere la sovrapposizione delle righe spettrali di molti atomi.

E' così che si riesce a sapere di cosa sono fatte le stelle, ad esempio.

Può un elettrone assorbire due fotoni in cascata?

No. Si sa che quando l'elettrone assorbe energia, sotto forma di fotone, urto con un'altra particella, per effetto termico ecc., la riemette con l'emissione di un fotone in un tempo brevissimo dell'ordine di $10^{-8}s$. Quindi è da escludere che l'atomo possa essere ionizzato con il successivo assorbimento di fotoni di energia inferiore a quella necessaria per estrarre l'eletrone dal nucleo.

Questo significa anche che l'atomo è trasparente a tutti quei fotoni che hanno anergia diversa da qualla esattamente corrispondente ai salti energetici corrispondenti ai vari orbitali. E' per questo, ad esempio, che un cristallo è trasparente alla luce visibile.

Approfondisci ora guardando questa animazione sulle transizioni elettroniche e le righe spettrali in un atomo di Idrogeno.

La formula che prevede l'energia delle orbite in funzione del numero quantico viene confermata perfettamente dall'analisi spettroscopica.

Ciò conferma non solo la bontà del lavoro di Bohr, ma anche la validità del modello elettrostatico basato sulla legge di Coulomb. Legge che riuscimmo un giorno a ricavare in modo empirico in laboratorio, ma che allora non poteva ancora essere elevata al rango di legge fisica.

Domanda da compito in classe: sai dire quali sono dunque le prove della validità della legge di Coulomb che fin qui abbiamo dato?

In definitiva, il modello di Bohr sancisce il matrimonio tra:

  • il modello atomico di Rutherford
  • le recenti evidenze sulla quantizzazione delle energie emesse dagli atomi (fotoni) date da Planck
  • le evidenze sperimentali della spettroscopia
  • la teoria dell'elettrostatica

Non è meraviglioso? 8-) Questo è importante..

Non tutto viene spiegato dalla teoria di Bohr sull'atomo, ma come spesso succede una teoria evolve in una migliore e più completa. Per dare risposta a questi due interrogativi lasciati insoluti si dovette aspettare più di un decennio l'avvento della teoria quantistica:

  • perchè l'elettrone può avere solo determinate energie e occupare solo determinati stati o orbitali (quantizzazione)?
  • perchè l'elettrone non collassa nel nucleo?

La seconda domanda è strana. La si potrebbe fare anche per la Terra con il Sole. La lasciamo in sospeso; basti sapere, per ora, che le leggi dell'elettromagnetismo prevedevano che una carica elettrica in moto accelerato dovesse perdere energia radiando (ricorda che il moto circolare uniforme è un moto accelerato).

La risposta a questi interrogativi sta nella cosiddetta dualità onda-corpuscolo. Fu De Broglie a indicare (nella discussione della sua tesi di laurea!) che l'elettrone si comporta in realtà come un'onda stazionaria, le cui frequenze ammesse sono legate dalla lunghezza dell'orbita.

Con ciò viene affermato che su scale atomiche onde e particelle non sono poi così diverse. Già all'inizio del '900 si comprese che la luce non sempre si comporta come un'onda, ma la si può assimilare a un flusso di particelle dette fotoni; ora avviene il contrario: anche le particelle come gli elettroni hanno una natura duale: a volte particelle a volte onde. Ciò viene poi confermato dalla teoria quatistica e verificato anche per i protoni, i neutroni e tutte le altre particelle.

Ciò che noi chiamiamo orbitale, quindi, non è tanto l'orbita dell'elettrone, ma solo il luogo dei punti dello spazio dove c'è massima probabilità che stia l'elettrone. Riguarda al proposito la prima animazione in alto in questa pagina, dove l'elettrone viene per l'appunto rappresentato come un'onda stazionaria.

  • atomo_di_bohr.txt
  • Ultima modifica: 16/05/2023 07:02
  • da Roberto Puzzanghera